Fake o non fake? Questo è il problema.

                                                                                          Photo:Hamlet by Laurence Olivier - 1948

 

Il problema e il bello delle fake news da qualunque parte provengano (dai media mainstream o dalla cosiddetta controinformazione, 
perché ce n'è per tutti i gusti) è che spesso mescolano alcune informazioni vere e spunti di riflessione che meriterebbero approfondimenti, con informazioni false o parziali, condite da conclusioni semplicistiche, arbitrarie o balzane e non giustificate dai fatti.

Per dirla con un linguaggio archetipico, la luce e l'ombra giocano una partita estremamente sottile sul palcoscenico della vita, a dispetto delle semplificazioni manichee, che vedono la verità tutta da una parte e appagano il bisogno di appartenenza e la pulsione di sentirsi vivi nella lotta contro qualcun altro, che di solito si ritiene inferiore.

In una società complessa quale è la nostra, se si volesse capire davvero qualcosa di ciò che succede nel mondo si dovrebbero approfondire le questioni e le loro molteplici interrelazioni, che sono numerosissime e inafferrabili nella loro totalità, anche dalla mente più colta, preparata e ben disposta. Di ogni questione occorrerebbe studiarne la storia, consultare diverse fonti, confrontarle, distinguere i fatti dalle opinioni, esercitare il pensiero critico. Occorrerebbe una capacità di osservazione non banale e tempo e voglia da dedicare all'approfondimento, oltre che una capacità di visione ampia, che non sia assetata di completezza e non sia alimentata dalla presunzione.

Nell'impossibilità di tenere il passo con una mole di informazioni specialistiche troppo numerose per chiunque, occorrerebbe coltivare con umiltà e impegno uno o pochi ambiti specifici e nel contempo sviluppare una capacità di visione allargata e profonda, che potremmo definire una visione consapevole, che permetta di intercettare alla radice dei singoli conflitti e polarizzazioni, quale squilibrio stia cercando di riequilibrarsi, o anche cosa di nuovo stia cercando di venire alla luce, quale sintesi creativa stia tentando di sbocciare. Sintesi che è cosa diversa dal compromesso al ribasso.

Questo compito di conoscenza dovrebbe essere facilitato, almeno in parte, da chi produce cultura e da chi la diffonde, ma ognuno, nella società dell'informazione globale, è chiamato quanto meno a confrontarsi con queste questioni e ad assumersi la responsabilità del contenuto e della forma dei messaggi che porta nel mondo.

E qui entrano in gioco nuovi compiti per l'educazione, che se fossimo più umili riconosceremmo necessaria non solo ai bambini e ai giovani, ma forse in misura persino maggiore a noi adulti.

Una educazione siffatta potrebbe insegnarci a sorvegliare e a trascendere la tendenza della mente umana a individuare capri espiatori su cui sfogare le proprie frustrazioni, così come la tendenza a celebrare l'eroe di turno a cui delegare la responsabilità della propria vita fino alla prossima delusione.

Potrebbe insegnarci a riconoscere e a superare la tendenza ad accostarci alle varie questioni solo per trovare conferma di ciò che sapevamo già.

Potrebbe aiutarci a ripulire il nostro pensiero dai nostri desideri, o dai nostri sospetti più cinici e disillusi. Potrebbe insegnarci a non trarre conclusioni semplicistiche e a riconoscere la visione del mondo e dell'umano che sottende le nostre credenze e quelle degli altri.

Potrebbe insegnarci a diventare più consapevoli e a coltivare un'etica della responsabilità personale, che depurata dal narcisismo e da una mal intesa idea di libertà, ci permetta di scoprire e onorare i talenti di ciascuno e ci aiuti a metterli al servizio di una comunità in evoluzione, che si riconosce parte di un ecosistema più grande.

Potrebbe insegnarci a fare i conti con la vulnerabilità umana e con i suoi limiti e a sviluppare compassione per l'essere umano, unico tra gli animali a doversi confrontare con una sola certezza: quella di essere mortale.

© Gabriella Delmonte